Kultur | Tolkien

"In Tolkien alberga l'intero '900"

Paolo Nardi, divulgatore esperto di Tolkien, oggi a Trento, racconta la complessità dell'autore inglese, spesso vittima di interpretazioni ideologiche e stereotipi
Paolo Nardi
Foto: private
  • Da qualche decennio ormai J.R.R. Tolkien è diventato un autore celeberrimo. L’uscita nelle sale della trilogia dedicata al Signore degli anelli di Peter Jackson ha permesso alla monumentale opera dello scrittore inglese di vivere un successo e una celebrità globale, ben al di fuori dalla cerchia degli appassionati e degli studiosi, alimentando la curiosità non solo verso gli aspetti legati alla trama principale ma anche alla genesi del mondo della Terra di mezzo e aprendo spazi ad un'analisi più autentica. Prima della trilogia cinematografica, infatti, in Italia Tolkien era diventato un baluardo delle destra più reazionaria, che aveva deciso di ergerlo come vessillo contro la modernità, per un ritorno di una visione bellicosa ed eroica della società. Nei suoi libri, invece, Tolkien concentra tutti i drammi del novecento, diventando un autore impossibile da rinchiudere in letture così semplicistiche ed estremiste. Ne parliamo con Paolo Nardi, autore, divulgatore e youtuber, membro della Associazione Italiana Studi Tolkieniani che questo pomeriggio (13 aprile) alle 17:30 sarà a Trento, alla libreria Ancora, per una conferenza intitolata Mito, Potere e Libertà in Tolkien, organizzata dalla sezione trentina di Liberi, Oltre Le Illusioni

    SALTO: Com’è nato l’interesse per J.R.R. Tolkien?   

    Paolo Nardi: Mi sono innamorato delle sue opere fin da piccolissimo. A 5 anni mia mamma ha deciso di leggermi Lo Hobbit e da allora mi porto dentro la passione per il suo lavoro. Sono passato poi anche io dai cartoni animati, al cinema, ai libri-game anni ‘90, per arrivare ad un approccio più filologico e storiografico. 

  • "L’approccio storico è fondamentale, soprattutto se consideriamo che stiamo parlando di un profondo conoscitore delle dinamiche inglesi." Foto: Ansa

    Gli studi tolkieniani sono però poco diffusi in Italia? 

    C’è stato sempre poco interesse per il Tolkien filologo. La nuova traduzione, uscita nel 2019, ha cambiato la situazione, aprendo ad un dibattito che ha visto crescere l’attenzione verso i termini e il linguaggio; in precedenza ci si era concentrati sugli aspetti più narrativi, anche a causa di una interpretazione decisamente orientata a destra. 

    Perché in Italia è stata proprio la destra ad appropriarsi di Tolkien? 

    I fattori sono molteplici, dalla sinistra che lo ha rifiutato perché convinta, sbagliando, che i libri di Tolkien rappresentassero un puro escapismo e fossero privi di critica sociale, alla ricerca spasmodica della destra di un’esaltazione dei valori epici, del rifiuto del mondo moderno e del ritorno alle comunità chiuse. La destra ha poi trasformato Tolkien in un santino ideologico, svilendo l’opera dell’autore che rappresenta, invece, un esempio molto complesso di ricerca sul linguaggio e di elaborazione storica. 

  • Si tratta di un fenomeno solo italiano? 

    Alcune frange ultranazionaliste e xenofobe della destra francese e scandinava hanno tentato di usare Tolkien allo stesso modo. Negli USA, al contrario, Tolkien è considerato un autore di sinistra, grazie ad una lettura che esaspera il messaggio ambientalista e che si è diffusa nei campus universitari nel periodo della guerra in Vietnam, rendendolo quasi un padre del movimento hippy. 

    L’opera di Tolkien fa coesistere moltissimi elementi insieme ed è difficile riuscire ad estrapolare una posizione netta o univoca 

    La figura di Tolkien è però molto più difficile da inquadrare? 

    L’opera di Tolkien fa coesistere moltissimi elementi insieme ed è difficile riuscire ad estrapolare una posizione netta o univoca sulle varie problematiche che i personaggi devono affrontare, si può tracciare una tendenza ma si riscontrano approcci diversi. Se c’è sicuramente una critica al male non è possibile riscontrarne le cause in un solo versante e non è detto che la posizione di un singolo personaggio sia superiore a quella di un altro. 

    La dimensione epica risulta subire un revisione? 

    La trattazione della guerra è emblematica. Ad un primo, superficiale, sguardo potrebbe sembrare che ci sia un’esaltazione della dimensione bellica, mentre se si analizzano i personaggi troviamo dei dialoghi capaci di rappresentare la drammaticità e la disperazione delle battaglie: è il caso di Faramir che accetta in maniera scettica la guerra perché è l'unico strumento rimasto per preservare il suo mondo, al contrario di suo fratello Boromir, che da perfetto guerriero di Gondor diventa poi proprio il primo a cadere sotto il richiamo dell’anello. Tale contraddizione attinge direttamente all’esperienza personale di Tolkien che aveva partecipato alla prima guerra mondiale, combattendo nella Somme. 

    Nell’universo tolkieniano convivono quindi le complessità del ‘900? 

    L’approccio storico è fondamentale, soprattutto se consideriamo che stiamo parlando di un profondo conoscitore delle dinamiche inglesi. Nella rappresentazione della Contea si legge una critica forte all’accumulazione e alla chiusura verso il mondo esterno della mentalità hobbit, in un eccesso di provincialismo tipico dell’Inghilterra di quegli anni. Inoltre, per Tolkien, la storia diventa una chiave importantissima nell’evoluzione del linguaggio.

    Si tende sempre a tralasciare l’aspetto linguistico dell’opera tolkeniana, ma è fondamentale

    Tolkien era infatti professore di anglosassone ad Oxford? 

    Si tende sempre a tralasciare l’aspetto linguistico dell’opera tolkeniana, ma è fondamentale. Lo studio del Beowulf, per esempio, è cruciale e i primi romanzi di Tolkien sono pieni di citazioni al poema. Inoltre, Tolkien aveva una concezione moderna della linguistica e riteneva che non solo ci fosse una compenetrazione tra sviluppo del mito e linguaggio, ma anche che la lingua si evolvesse in base alle vicende storiche. Non è un caso che non abbia mai scritto un dizionario di elfico, ma solo una raccolta di etimi, proprio perché riteneva che la lingua riuscisse a cambiare in relazione agli avvenimenti. 

    La nascita, e il successo, del suo canale youtube sono legati alla volontà di restituire al pubblico questa complessità? 

    Ho iniziato nell’anno del lockdown, in un periodo in cui c’era un fiorire di questo tipo di divulgazione, ma mi ero già posto il problema dell’approccio italiano a Tolkien. Credo che manchi una coscienza su cosa siano gli studi tolkieniani e sulla grandezza dell’opera di Tolkien, che ricomprende un universo vastissimo oltre al Signore degli Anelli. Parliamo di una delle figure più importanti della letteratura del ‘900, rimasta spesso vittima degli stereotipi. Il mio lavoro è quello di restituire, invece, la complessità delle sue molteplici visioni.